Ciclismo e Psicoterapia possono avere qualcosa in comune?
Il ciclismo è uno sport che si pratica all’aperto ed in silenzio, al centro c’è il corpo con i suoi muscoli, il sistema cardiocircolatorio… E la Psicoterapia? Si svolge in uno studio, seduti o stesi su un lettino. Si parla e si ascolta.

Sembrano due mondi diametralmente opposti eppure, se spostiamo lo sguardo, possiamo accorgerci di come il ciclismo possa essere una metafora della terapia.
Sono due percorsi a tappe: il viaggio che il ciclista compie in sella alla sua bicicletta e il cammino che il paziente intraprende accompagnato dal proprio psicoterapeuta.
Ma lo psicoterapeuta non è né il capitano da seguire né il gregario che tira la volata né l’ammiraglia dalla quale il direttore sportivo ordina la tattica di corsa: il suo ruolo può essere paragonato a quello della bicicletta. Come quest’ultima ha i suoi componenti tecnici necessari a fare strada, così lo psicoterapeuta mette a disposizione la sua formazione e le sue competenze. Come nel ciclismo il protagonista è il ciclista, così nella psicoterapia il protagonista è il paziente che attraverserà tappa dopo tappa, seduta dopo seduta, scenari immaginati, supposti, e imprevedibili.
Ci potrà essere fatica, sofferenza, preoccupazione, così come gioia, sorpresa, leggerezza, l’emozione di un allungo o di una volata. Con l’obiettivo di un traguardo finale, ma senza itinerari predeterminati: sono infatti il dialogo e la continua interazione seduta dopo seduta a mettere il paziente nelle condizioni di delineare il proprio cammino prendendo coscienza dei propri punti di difficoltà e scoprendo e impiegando al meglio via via le proprie risorse.
Dott.ssa Elena Stefani
Psicologa Psicoterapeuta
Referente per l'Età adulta